Un commento sulla serata sul gioco d’azzardo, fra vecchie e nuove dipendenze

Analisi post-incontro pubblico del 6 marzo al Quartiere Oltresavio, con il dr. Edoardo Polidori, direttore del SERT di Forlì…

A cura di Dora Pandolfi

Grande partecipazione e interventi commoventi alla serata organizzata dal Movimento “Cesena SìAmo Noi” per la tutela dei Beni Comuni….
Quando in una serata che affronta tematiche così delicate e complesse avviene il miracolo della vera condivisione e del confronto tra persone nella loro veste più umana, direi che è stupefacente e si è raggiunto l’obiettivo che ci si era posti. Si è sperimentato un clima accogliente, conviviale a tratti emozionante, dove l’apporto di tutti è stato valorizzato al massimo. Il professionista (il dr. Polidori) ha fatto la sua parte egregiamente così come gli altri relatori integrandosi nella conoscenza del problema e nello scambio di esperienze. L’attenzione è stata alta e nulla è apparso troppo superficiale o noioso. Ci si è portati a casa che tutti siamo a “rischio” dipendenza, dipende da come si “educa” l’emisfero destro del nostro cervello, quello dell’istinto, quello che vive per il piacere e la “gratificazione immediata” (come stare ore e ore davanti al computer o al televisore, oziare con gli amici, giocare d’azzardo, usare sostanze), tutte attività che al nel qui ed ora danno piacere ma che al risveglio portano con sé conseguenze fino a portarci a delle vere e proprie dipendenze. L’emisfero sinistro al contrario ragiona logicamente e con sequenzialità. Il messaggio arrivato:
“Siate un mix, siate un po’ l’uno e un po’ l’altro in una sorta d’equilibrio. Non siate né troppo rigidi né troppo creativi, rischiando di perdere il senso della realtà.”
Altro concetto emerso: la dipendenza è una malattia e non un “vizio”, una pecca morale, ma una malattia cronica (bisogna tenerne sempre conto) e recidivante (devo mettere in atto strategie per non ricadere) che va curata, ma per noi non resa ancora più cronica dalle terapie farmacologiche a mantenimento o da progetti che non restituiscono libertà e dignità alla persona. No quindi alla cronicizzazione, ma un si a tutti quei progetti che consentano di modificare se possibile e desiderato le condizioni di vita del soggetto.
Infine il gioco che va rivalorizzato come momento di convivialità e socialità con tempi lenti che includono l’altro, ciò che accade nel gioco d’azzardo è invece un gioco che si consuma in maniera compulsiva e in solitudine; per questo è necessario che ci riappropriamo dei nostri spazi, delle nostre città, della nostra capacità di produrre idee creative che mettano in relazione le persone, così che il piacere lo si sperimenta stando in relazione ed in compagnia e non nel silenzio e in una sorta autoerotismo compulsivo.

 

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